Vivere e lavorare a New York, Londra e Dublino: le esperienze di Silvia

Oggi vi presentiamo la storia di Silvia, una biologa italiana che ci racconterà le sue esperienze all’estero compiute, a più riprese, in diverse terre anglofone.

Ciao Silvia, parlaci brevemente di te.
Mi chiamo Silvia, ho 32 anni, sono di Roma e ho una laurea in biologia. Ho da poco iniziato un dottorato a Roma

Come mai decidesti di lasciare l’Italia per un po’?
Due anni fa avevo appena terminato un contratto lavorativo di un anno in un’università del sud Italia e mi era stato proposto di iniziare il dottorato lì, pagato anche, solo che, a parte la bellezza del posto in cui vivevo e le amicizie che ho avuto la fortuna di poter fare, lavorativamente non mi ero trovata molto bene. Inoltre era da ancora prima che lasciassi Roma per trasferirmi lì che avevo voglia di “evasione” e di estero. Desideravo parlare meglio l’inglese e confrontarmi con persone di diverse culture. Così anziché restare nel sud Italia e iniziare un dottorato sono tornata a Roma per pianificare un futuro alternativo, e la prima idea che mi venne fu farmi per la prima volta un viaggio da sola e per la prima volta un viaggio in un altro continente. 

Non male come inizio, direi. La tua scelta ricadde su?
Due settimane a New York. Lì mi sarei trovata al centro del mondo, circondata da gente di ogni dove. Consideravo New York una tappa obbligata da vedere almeno una volta nella vita (della sua esperienza a New York Silvia ne ha parlato nel suo blog, ndr).

Così dopo New York optasti per un’altra soluzione fuori dall’Italia, per un po’… Ce ne parli?
Quando tornai da New York mi preoccupai di migliorare il mio inglese ma ben presto capìi che non avrei fatto molti progressi da sola con il libro e nella mia camera. Avevo trovato per caso un sito web che permetteva di prendere contatti per fare un’esperienza di lavoro all’estero, così mi misi in contatto con una famiglia inglese che mi reclutò come au-pair. Vivevano nel sud-ovest dell’Inghilterra, al confine con il Galles.

Come è andata questa prima esperienza inglese?
Fu un’esperienza molto intensa ma non riuscii a portarla avanti per più di un mese. Erano molto disordinati, abitavano in un’area piuttosto isolata e mi caricavano di responsabilità, così dopo un mese esatto partii per un breve viaggio nel Galles e poi a Londra. A Londra feci dapprima la turista e poi valutai la possibilità di cercare lavoro e casa, ma quando mi resi conto che gli affitti erano stratosferici, e che sarebbe stato molto difficile trovare una sistemazione per me accettabile, decisi di tornare a Roma, forse definitivamente…

Hai avuto la fortuna di poter provare la vita in due delle città più grandi e importanti del mondo, New York e Londra. Quali sono le principali differenze che hai riscontrato?
Innanzitutto NYC è meno grande di Londra, in estensione. E si passa quasi direttamente dagli altissimi grattacieli della downtown alle mini casette rivestite in simil-legno delle periferie. Mentre a New York sentivo parlare soprattutto inglese, a Londra ero circondata da tutte le lingue e sentivo poco parlare inglese. A Londra vedevo molti più indiani mentre a New York più sudamericani. Inoltre a New York c’è forse un po’ più di verde in città, mentre a Londra ci sono quartieri dove tra l’asfalto e le case non si vede nemmeno una fogliolina.

Pesante, per te?
Non riesco a concepire un posto senza neanche un po’ di verde ma questo forse è l’unico punto a sfavore di Londra, insieme al fatto che a New York avevo trovato un ostello molto più economico. Inoltre, a New York sopraggiungeva sempre qualcuno ad aiutarmi, quando dovevo sollevare le valigie lungo la strada, come ad esempio sulle scale della metro o sull’autobus, a Londra ciò non è mai successo. Aggiungo, a NYC quasi ogni ragazzo o uomo con cui scambiavo qualche parola iniziava a fare delle avances, mentre a Londra chiedevano direttamente il numero.

Tra quelle straniere, qual è l’esperienza che ti è piaciuta di più?
Una volta tornata a Roma, iniziò dapprima una sorta di limbo in cui non trovavo lavoro ed ero confusa sul futuro. Ma nel frattempo accadde qualcosa di inaspettato: una sera un mio amico di Roma mi invitò a teatro, e da quella sera divenne il mio fidanzato! Solo che lui lavorava a Dublino… Così iniziai a fare avanti e indietro, perché nel frattempo avevo raccolto dei possibili contatti lavorativi, finché non mi decisi a cercare lavoro lì. Mi era già capitato spesso di mandare cv all’estero ma non venivo mai chiamata; tuttavia, quando iniziai a mandare cv con l’indirizzo irlandese del mio ragazzo iniziai subito ad essere chiamata e feci molti colloqui lì in Irlanda. In meno di una settimana avevo già un lavoro, anche se non era inerente ai miei studi. Divenni una fundraiser di strada per una ong irlandese: il mio lavoro consisteva nel fermare chiunque per strada, scambiando qualche parola con ogni interlocutore per esortarlo a dare dei soldi in beneficenza.

Quindi hai provato anche l’esperienza Dublino! Com’è andata lì?
Dublino è una città cosmopolita e le strade del centro sono molto affollate, così mi trovai a parlare con gente di tutti i paesi del mondo.

Potresti raccontarci qualche aneddoto simpatico di queste tue esperienze da expat?
Per diventare una fundraiser di strada a Dublino ho ricevuto un addestramento, prima con un corso di due giornate in ufficio e poi sul campo con i consigli e le direttive dei team leader, direttive come ad esempio in quale angolo della strada mettersi a fermare la gente. Questi team-leader erano ragazzi molto giovani: in particolare c’era una francese, che aveva esattamente 10 anni meno di me e che era molto pressante, un capo insopportabile. Voleva che io saltellassi in mezzo alla strada per attirare l’attenzione della gente e per non doverla sentire ho finito col farlo. Una volta decise che dovevo posizionarmi proprio in quel punto del marciapiede dove un cocchiere aveva messo a riposare il suo cavallo (anche a Dublino come a Roma vanno di moda le carrozze trainate dai cavalli per i turisti). Appena lei si allontanò il cavallo iniziò ad urinare abbondantemente. Volevo spostarmi, principalmente per il cattivo odore, ma lei disse che quello significava vivere la strada! 

Tornare in Italia: la scelta giusta?
Io sono tornata perché nel frattempo ho ottenuto una borsa di dottorato a Roma. Ho pensato che fosse importante riprendere la carriera che avevo interrotto. Difficilmente però riesco a pensare di restare ferma a Roma. Tra l’altro nel weekend viaggio spesso perché ho una relazione a distanza.

Se avessi la possibilità di ripartire, lo faresti? Quale meta sceglieresti?
Fra tre anni, quando avrò finito il dottorato, potrei tornare a Dublino o in un altro posto cosmopolita, magari non troppo lontano. Ora sento di poter vivere meglio un po’ ovunque. Difficilmente però prenderei una decisione così importante da sola. In ogni caso spero di poter continuare a viaggiare il più a lungo possibile.

Che consigli ti senti di dare a chi ha voglia di fare un’esperienza all’estero?
Consiglierei a chiunque di fare un viaggio da soli in un posto dove si parla una lingua che non è la propria, di fare l’au pair in inghilterra e la fund-raiser a Dublino perché sono esperienze di vita divertenti e che insegnano un sacco di cose e fanno crescere; meglio però farle prima dell’età in cui le ho fatte io, magari prima di iniziare l’università o il lavoro a cui si sceglie di dedicarsi nella vita, proprio perché fanno riflettere e quindi possono poi aiutare a fare scelte più sagge.


Grazie Silvia e un grande in bocca al lupo per il prosieguo della tua carriera di ricercatrice.
Se volete leggere un pezzo simile, ecco l’intervista al nostro amico Antonio, biologo a Londra,
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Tutte le immagini presenti nel post sono utilizzate su gentile concessione di Silvia che ne è l’unica proprietaria.