Come un erasmus a Ginevra può cambiarti la vita

Deborah è una di quelle persone le cui esperienze all’estero hanno fortemente influito sul prosieguo della propria vita. Dopo notevoli esperienze di studio e professionali divise tra Ginevra e Parigi, ha infatti avuto la possibilità (e la voglia) di tornare in Italia per dedicarsi a quello che più l’appassiona: l’insegnamento.
Abbiamo avuto la fortuna di intervistarla.
Buona lettura!

Ciao Deborah! Parlaci un po’ di te.
Sono Deborah, 32 anni, tarantina di nascita ma cittadina del mondo di adozione. Dopo diverse avventure in terre straniere e longobarde, ho messo radici a Roma dove lavoro come insegnante e traduttore di francese e inglese. Seguo tutte le fasce d’età: partendo dai bambini fino agli adulti, passando per gli universitari. Infatti sono professore a contratto di lingua francese presso una nota università romana.

Veniamo al dunque, te hai fatto diverse esperienze all’estero ma come mai, la prima volta, decidesti per l’espatrio?
Quando nasci in una piccola città di provincia, il primo sogno è quello di andartene e, sognando in grande, cosa c’è di meglio del «me ne vado a vivere all’estero»? Aggiungeteci poi la mia passione per le lingue ed eccomi a comprare il primo biglietto aereo.

Parliamo un po’ dei luoghi del tuo espatrio iniziando con il primo: Ginevra. Perché questa scelta?
A 21 anni ho deciso di partire per l’Erasmus… Ero la classica “brava” studentessa e, proprio in virtù del mio percorso universitario, ero certa che avrei potuto scegliere dove indirizzare la mia domanda. Ognuno di noi ha un percorso da compiere e io volevo che il mio iniziasse da Parigi. Per mia fortuna, il professore che si occupava degli scambi Erasmus ha beatamente deciso di cestinare la mia richiesta. Io però non ho mollato il colpo e, dopo lunghe conversazioni che hanno rasentato lo scontro aperto, il professore mi ha offerto un posto per la Svizzera. Non avrei mai pensato a una simile meta ma come dice mia nonna: «Raccogli l’acqua quando piove». Ho fatto le valigie e mi sono trasferita a Ginevra, dove per un anno ho frequentato una delle più importanti e prestigiose facoltà di Interpretariato e Traduzione al mondo!

Com’è stato il tuo erasmus a Ginevra?
Intendiamoci, non ho solo studiato. Le feste internazionali con studenti e giovani professionisti dai 4 angoli del pianeta mi hanno formato tanto quanto i laboratori di traduzione. Le giornate trascorse in riva al lago a prendere il “famoso” sole svizzero, i primi passi di salsa con un amico cubano, il tandem linguistico con un dottorando ginevrino, le prime cadute sulla neve, le cene africane e quelle spagnole, le stelle dall’igloo di Zermatt, lo scambio di idee con gli amici arabi durante il rito pomeridiano del tè…La pioggia fuori e il sole dentro! Un viaggio dentro al viaggio. Tra una fondue, un vin chaud e un chocolat fait maison ho avuto l’intuizione di quale sarebbe stata la mia carriera professionale e ho capito di voler vivere in un mondo a colori (quelli delle diverse bandiere del globo).

Poco fa ci hai detto che avresti voluto iniziare il tuo percorso straniero da Parigi. Così non è stato ma poi sì che a Parigi ci sei tornata: come è andata?
Dopo un breve rientro in Italia, sono ripartita per Parigi. Mi era rimasto il pallino de La Ville Lumière e si sa che le passioni non vissute sono quelle più intense. Ho lavorato come assistente di italiano nelle scuole pubbliche e ho toccato con mano sia la vita dei rich kids sia degli immigrati della banlieue. Anche qui ho imparato tanto! La passione per quella vita è stata intensa ma si è esaurita velocemente per lasciar spazio a un progetto ancora più importante: tornare a casa! Volevo creare il mio ambiente interculturale a pochi passi dalla mia famiglia e devo dire che, con tanta fatica e dedizione, ci sto riuscendo.

Ci racconti un aneddoto divertente che ricordi ancora oggi circa le tue esperienze straniere?
Parigi. Primo giorno in una classe delle superiori. Mi presento e alcuni ragazzini iniziano a ridacchiare tra di loro. Infastidita, chiedo cosa succede. Uno di loro viene alla lavagna e divide in sillabe il mio nome. Deborah diventa De Bo Rah che letto in francese rimanda alla frase “Des beaux rats” (dei bei topi). In dieci anni di pratica del francese non me lo aveva mai fatto notare nessuno! I giochi di parole sono uno degli aspetti più affascinanti di una lingua.

Torniamo a noi: alla fine sei rientrata in Italia. Mettiamo il caso che avessi la possibilità di ripartire, lo faresti? Dove andresti e perché?
Certo, è stato scientificamente dimostrato che nemmeno gli alberi sono statici! Perché dovremmo esserlo noi? Solo che con i paesi freddi ho già dato, ora mi orienterei verso mete più calde. Vorrei imparare lo spagnolo e ballare una salsa per le strade de L’Avana!

Hai vissuto a lungo fuori dall’Italia e poi hai deciso di tornare. Consiglieresti a chi ha un background simile al tuo delle scelte di questo tipo?
Assolutamente! Non c’è regalo più bello che una persona si possa fare se non quello di aprirsi al mondo e viverlo a 360 °. Viaggiare per il mondo significa prima di tutto viaggiare dentro se stessi. «Più strada fai, più fossi prendi. Ma se resti a casa, sai quanti tramonti che ti perdi?».

Ringraziamo nuovamente Deborah per la disponibilità (e per le foto che vedete nell’articolo, di sua stretta proprietà) e le auguriamo le migliori fortune per il prosieguo della sua carriera accademica!
Se vi è piaciuta l’intervista vi consigliamo di seguire Arrivederci Italia su Facebook.

Se anche voi avete voglia di raccontare una storia che riguardi il vostro rapporto con l’Italia e l’estero, potete contattare la redazione qui.